Lavoro notturno, cenni disciplina generale

 

In base alla normativa classica che disciplina il lavoro notturno (D.Lgs. 66/2003), è considerato lavoratore notturno chiunque svolga durante il periodo notturno almeno tre ore del suo tempo giornaliero impiegato in modo normale, oppure, se non previsto diversamente dai singoli CCNL, colui che non sia impiegato in modo normale durante il periodo notturno ma che, nell’arco dell’anno, svolga lavoro notturno per almeno 80 giorni lavorativi. È considerato periodo notturno l’arco di tempo di almeno 7 ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino.

È, in ogni caso, vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall’accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.

Non sono inoltre obbligati a prestare lavoro notturno:

– la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa;

– la lavoratrice o il lavoratore che sia l’unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni;

– la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni;

– i lavoratori minorenni.

Altri punti obbligatori:

– L’orario di lavoro notturno non può superare le 8 ore in media nell’arco delle 24.

– Il datore di lavoro ha l’obbligo di valutare l’idoneità e lo stato di salute dei lavoratori notturni attraverso visita medica preventiva e periodica (almeno ogni 2 anni) effettuata da un medico del lavoro. Il costo della visita medica è interamente a carico del datore di lavoro.

I CHIARIMENTI DELL’ISPETTORATO DEL LAVORO

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la nota 1050 del 26 novembre 2020, fornisce una definizione dettagliata e apporta chiarimenti in merito all’individuazione del lavoratore notturno, di cui si riportano di seguito i tratti essenziali.

Per quanto concerne la definizione di “periodo notturno” (ossia il periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino), l’Ispettorato ha chiarito che ai fini della individuazione delle sette ore consecutive di lavoro si dovrà fare riferimento, evidentemente, all’orario di lavoro osservato secondo le indicazioni del contratto collettivo e del contratto individuale: tale periodo potrà iniziare a decorrere dalle ore 22 (con conclusione alle ore 5) oppure dalle ore 23 (con conclusione alle ore 6) o, infine, dalla mezzanotte (con conclusione alle ore 7).

Inoltre, per quanto concerne la definizione di “lavoratore notturno”, l’Ispettorato ha specificato che è considerato tale:

1) qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;

2) qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro. In difetto di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga per almeno tre ore lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all’anno; il suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale.

E l’INL ha precisato ancora che:

a) è considerato lavoratore notturno colui che è tenuto contrattualmente e quindi stabilmente a svolgere tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero nel periodo notturno (cioè in un arco temporale, come sopra declinato, comprendente l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino);

b) in presenza di regolamentazione della contrattazione collettiva, si considera lavoratore notturno colui il quale svolga, nel periodo notturno, la parte di orario di lavoro individuato dalle disposizioni del contratto collettivo. In tal caso al contratto collettivo è quindi demandata l’individuazione sia del numero delle ore giornaliere di lavoro da effettuarsi durante il periodo notturno (che potrebbe pertanto essere inferiore o superiore alle tre ore stabilite ex lege), sia il numero delle giornate necessarie per rientrare nella categoria di “lavoratore notturno”;

c) in assenza di disciplina collettiva, si considera lavoratore notturno colui il quale svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero durante il periodo notturno per almeno ottanta giorni lavorativi all’anno.

Laddove la contrattazione si limiti a riproporre il testo della norma, senza specificare il numero di ore rilevanti ai fini della qualificazione del lavoratore come “lavoratore notturno”, troverà evidentemente applicazione la disciplina normativa (tre ore nel periodo notturno per 80 giorni l’anno). Così come, laddove la contrattazione si limiti ad individuare uno solo dei parametri – giornaliero e annuale – utili alla definizione di “lavoratore notturno”, il secondo dovrà essere necessariamente individuato in quello previsto dal legislatore (tre ore giornaliere o ottanta giorni l’anno).

L’Ispettorato ha chiarito, infine, che solo ai lavoratori notturni individuati nei termini sopra chiariti trova applicazione il limite massimo giornaliero di otto ore di lavoro e non già a qualsivoglia lavoratore che svolga di notte una parte del suo orario di lavoro (cfr. nota Ministero lavoro prot. n. 388 del 12 aprile 2005).

 

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