VENDEMMIA: ASSUMERE PERSONALE IN AGRICOLTURA

 

In prossimità della campagna vendemmiale, molte aziende agricole hanno bisogno di personale. Bisogna, innanzitutto, cercare di valutare quanta manodopera possa servire e, conseguentemente, scegliere il rapporto lavorativo più consono alle esigenze dell’azienda agricola. In linea generale, le tipologie contrattuali sono variegate e spaziano dall’assunzione di operai agricoli, passando per lo scambio di manodopera tra agricoltori e parenti, fino ad arrivare a considerare l’ipotesi di affidare i lavori ad una ditta esterna.
Tutte queste casistiche vanno ben valutate ed attivate in rispetto delle vigenti normative, per non incorrere in sanzioni.
Di seguito, un breve vademecum delle varie tipologie di rapporti che possono essere legittimamente instaurati fra le aziende e i lavoratori impiegati in agricoltura.

1. ASSUNZIONE OPERAI AGRICOLI
2. SCAMBIO DI MANODOPERA – focus Contoterzismo
3. PRESTAZIONI DI PARENTI
4. ASSUNZIONI CONGIUNTE
5. APPALTO LAVORI
6. CONTRATTO PRESTAZIONE OCCASIONALE (ex Voucher)

1. ASSUNZIONE OPERAI AGRICOLI
Le aziende agricole possono assumere operai, i quali si distinguono in operai a tempo determinato (OTD) ed operai a tempo indeterminato (OTI). Gli OTD vanno per la maggiore in agricoltura, in quanto stabiliscono rapporti di lavoro perlopiù stagionali, che possono essere ripetitivi nel tempo ma per i quali l’azienda agricola non necessita di lavoratori fissi tutto l’anno.
Mentre la gestione del rapporto di lavoro degli OTI è pressoché simile ai normali lavoratori dipendenti, sia contrattualmente che legalmente, per gli OTD vi sono degli aspetti e delle regole esclusive, peculiari e specifiche. Proprio a causa della stagionalità e della ciclicità delle lavorazioni che caratterizza il settore agricolo, il legislatore aveva pensato di attivare un contratto di lavoro ad hoc. Infatti, gli OTD hanno diritto al pagamento delle giornate di lavoro effettivamente prestate, pertanto possono anche essere assunti per qualche giorno, ad esempio per il tempo strettamente necessario per il periodo della vendemmia.
In base alle giornate lavorate, l’OTD può maturare dei diritti, quali l’indennità di disoccupazione (c.d. disoccupazione agricola), oppure l’indennità di maternità, oppure il trattamento della malattia.
Gli OTD possono essere persone italiane, europee ed anche lavoratori extra-cee (con regolare permesso di soggiorno). Solo per quest’ultimi, bisogna seguire particolari procedure burocratiche finalizzate all’assunzione.
Si ricorda che la comunicazione di assunzione deve essere effettuata entro le 24 ore dal primo giorno di inizio lavori.

2. SCAMBIO DI MANODOPERA
Ai sensi dell’art. 2139 c.c. il quale recita “Tra piccoli imprenditori agricoli è ammesso lo scambio di manodopera o di servizi secondo gli usi“ è pertanto consentito lo scambio di manodopera tra piccoli imprenditori agricoli i quali devono intendersi, ai sensi dell’art. 2083 c.c., i coltivatori diretti, ovvero, coloro i quali esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia. Si specifica che è consentito lo scambio di manodopera anche per soggetti appartenenti al nucleo familiare, se iscritti alla relativa gestione previdenziale.
Lo scambio di manodopera presuppone che non vi sia alcuna remunerazione o corrispettivo (in denaro o natura), espressamente scambiato tra le parti, a ristoro della prestazione resa e che la prestazione attenga esclusivamente all’attività agricola, principale (o “connessa” che sia). In questo senso si è espresso anche l’INPS con la circolare n. 126 del 16.12.2009, fornendo ai propri ispettori le linee di indirizzo e le indicazioni operative per l’attività di vigilanza in agricoltura.

Focus CONTOTERZISMO

Il contoterzista è, in agricoltura, un fornitore di servizi agromeccanici e tecnologici ad agricoltori terzi.

Il contoterzista svolge una serie di lavorazioni meccaniche conto terzi, presso le aziende agricole che hanno richiesto tale gestione aziendale, con mezzi meccanici propri, sostituendosi di fatto all’imprenditore agricolo.
Tale attività presuppone un codice Ateco specifico, in fase di costituzione.

Il contoterzista non vanta nessun tipo di possesso sul terreno dell’agricoltore (affitto, mezzadria), ma lo lavora per conto del proprietario; e neppure può essere considerato mero braccianti agricoli, poiché non si limita a fornire la manodopera (e mezzi tecnici necessari alla lavorazione) ma dispensa anche consigli necessari alla produzione.
Esempio attività contoterzismo: una macchina agricola atta alla trinciatura ha generalmente un costo molto elevato e pertanto non è posseduta dalla maggior parte degli agricoltori, così, all’epoca di trinciare, si contatta il contoterzista. Il contadino così dovrà pagare solo il lavoro del contoterzista senza sostenere gli elevati costi di acquisto di una nuova macchina.

3. PRESTAZIONI DI PARENTI
Ferma restando la figura del coadiuvante, vale a dire il parente dell’agricoltore regolarmente iscritto all’Inps in quanto tale (e che pertanto lavora per l’azienda), preme ricordare che l’agricoltore potrebbe avvalersi anche della prestazione di determinati parenti, definiti “occasionali”.

Tali soggetti prefigurano una tipologia lavorativa inizialmente disciplinata dal D. Lgs 276/2003 n. 276 (c.d. Legge“Biagi”) e poi ripresa dal Ministero del Lavoro con la circolare 37/2013. Di recente è stata oggetto di una comunicazione dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la quale è stato ribadito che le prestazioni rese dai parenti o affini dell’imprenditore, in particolare pensionati o impiegati full-time presso altro datore di lavoro, possono considerarsi quali collaborazioni occasionali di tipo gratuito, tali dunque da non richiedere né l’iscrizione nella gestione previdenziale/assicurativa, né l’inquadramento come rapporto di lavoro subordinato.
Pertanto, nei casi suddetti, la collaborazione del familiare, ivi compreso il coniuge, si può considerare presuntivamente di natura occasionale e dunque ammissibile. Sarà, eventualmente, il personale ispettivo a dimostrare la sussistenza di una prestazione lavorativa in senso stretto (solo con puntuale ed idonea documentazione probatoria di carattere oggettivo e incontrovertibile).

CHI SONO I PARENTI E GLI AFFINI?
La parentela è il vincolo che unisce persone che discendono da uno stesso stipite:
– 1° grado: genitore-figlio
– 2° grado: nonno-nipote, oppure fratello sorella
– 3° grado: zio-nipote
– 4° grado: primi cugini

L’affinità è invece il vincolo che unisce un coniuge ai parenti dell’altro coniuge; il grado di affinità è uguale al grado di parentela che unisce il coniuge agli altri parenti:
– 1° grado: suoceri-generi e nuore
– 2° grado: cognati
– 3° grado: coniuge di zio o nipote
– 4° grado: coniuge di primi cugini

4. ASSUNZIONI CONGIUNTE
Due o più imprese agricole, al ricorrere di determinate condizioni, possono instaurare congiuntamente un rapporto di lavoro con lo stesso dipendente e poterlo utilizzare presso le rispettive aziende, in regime di co-datorialità, come disciplinato dal ministero del Lavoro e dall’INPS (art. 9, comma 11 della legge 99/2013).
E’ il caso delle cosiddette assunzioni congiunte. Le imprese che possono agevolarsi di tale istituto sono indicate dal legislatore e sono le seguenti:

1) imprese appartenenti allo stesso gruppo societario, in base all’articolo 2359 del codice civile;
2) imprese riconducibili allo stesso proprietario, e cioè quelle che, pur appartenendo allo stesso soggetto risultano dotate di una certa autonomia;
3) imprese condotte da soggetti legati tra loro da un vincolo di parentela o affinità entro il terzo grado (imprese individuali o società di persone);
4) imprese legate da un contratto di rete, quando almeno il 50% siano aziende agricole.
La comunicazione di assunzione congiunta (come quelle di trasformazione, proroga e cessazione) deve essere eseguita da un solo datore e non da tutti i componenti la parte datoriale.

5. APPALTO LAVORI
Qualora l’azienda agricola decida di affidare i lavori ad una ditta esterna (ad esempio rivolgersi ad una cooperativa agricola per l’attività di raccolta), si dovrà ricorrere ad un contratto di Appalto.
Tale appalto deve essere “genuino”, diversamente, si può incorrere nella cosiddetta intermediazione illegittima di manodopera, severamente punita dal nostro ordinamento giuridico anche per effetto della legge 199/2016 cd “Legge sul caporalato”.

Per stipulare un contratto di appalto genuino, è necessario redigerlo ed attuarlo secondo le vigenti norme di legge. Di seguito elenchiamo gli elementi essenziali del contratto di appalto:
– l’oggetto del contratto di appalto deve riguardare la fornitura di un’opera o un servizio e non di prestazioni di manodopera;
– l’appalto deve realizzarsi tramite organizzazione di uomini e mezzi dell’appaltatore;
– l’appaltatore deve assumersi il rischio d’impresa, cioè deve garantire l’esecuzione dell’attività nei tempi e nei modi previsti, pena la perdita del suo onorario.

Più nel dettaglio, di seguito si riportano alcuni dei criteri principali per costituire un contratto di appalto “genuino”.

1) Il valore dell’appalto deve essere riferito all’opera o al sevizio e non alle ore lavoro, in quanto la valutazione del numero dei lavoratori da impiegare e delle ore lavoro necessarie, sono di pertinenza esclusiva dell’appaltatore.

2) Devono essere compresi gli oneri della sicurezza sul lavoro in maniera esplicita. I costi per la salute e sicurezza sul lavoro, con riferimento ad eventuali rischi interferenti (per i quali occorre redigere il D.U.V.R.I.), devono essere indicati esplicitamente ed analiticamente; inoltre devono essere congrui rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi e delle forniture.

3) Non deve mai esserci commistione tra il personale dipendente dell’appaltatore e i dipendenti dell’azienda agricola che riceve la prestazione. In ogni caso, i lavoratori dell’appaltatore, non possono essere organizzati o diretti dal committente, in quanto, nel concreto svolgimento dell’appalto, deve essere riscontrabile un’autonoma organizzazione funzionale e gestionale dell’appaltatore, finalizzata allo specifico risultato. I lavoratori dell’appaltatore devono essere muniti di apposita tessera di riconoscimento, corredata da fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro.

4) L’organizzazione aziendale dell’appaltatore deve risultare dall’iscrizione al registro delle imprese, con particolare riguardo alla data, all’oggetto sociale, nonché al capitale sociale; ricordiamo però che il possesso della visura camerale da parte dell’appaltatore, è un buon punto di partenza ma non è condizione sufficiente a configurare l’appalto come genuino. Il committente, infatti, si impegna ad acquisire anche il DURC in fase di stipulazione del contratto di appalto e di verificarne la validità periodicamente.

5) L’impresa appaltatrice deve autocertificare il possesso dei requisiti di idoneità tecnico e professionale per svolgere l’opera o il servizio oggetto del contratto d’appalto.

6) Il rischio d’impresa, riferito all’esecuzione delle opere o servizi dedotti in contratto, è a totale carico dell’appaltatore e ciò deve essere palesato nel contratto.

7) L’appaltatore è tenuto ad osservare e applicare integralmente tutte le norme contenute nel CCNL sottoscritto dalle Organizzazioni Sindacali più rappresentative nel settore di riferimento, con particolare riferimento alla parte economica-normativa.

8) È vietato il sub-appalto del contratto o di parte di esso senza l’autorizzazione del committente.

Si ricorda che l’ultima Legge di Bilancio ha disposto che le imprese che affidano il compimento di una o più opere o servizi di importo complessivo annuo superiore a 200.000 euro, attraverso contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati caratterizzati da un uso prevalente di manodopera (c.d. “labour intensive”) presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma, sono tenuti a richiedere alle imprese della filiera che, peraltro, sono obbligate a rilasciarle, copia delle deleghe di versamento IRPEF (comprese le addizionali comunali e regionali) relative ai lavoratori direttamente impiegati nella esecuzione dell’opera e del servizio. Il versamento viene operato dalle imprese della filiera (appaltatrici, subappaltatrici, ecc.) con deleghe distinte per ciascun committente, senza alcuna possibilità di compensazione. Per ovviare a questi nuovi obblighi, le aziende possono richiedere il Durf (documento unico di regolarità fiscale) Tale modello di certificazione consente di evitare l’applicazione delle nuove disposizioni in materia di ritenute sugli appalti.

6. CONTRATTO PRESTAZIONE OCCASIONALE (ex Voucher)
Lo strumento che si utilizza per attivare un lavoro occasionale è ancora popolarmente conosciuto come “voucher”. In verità, dopo gli ultimi interventi del legislatore, il vecchio voucher è stato abolito e ha ceduto il passo all’attuale strumento in vigore che disciplina il lavoro occasionale, denominato “PrestO” (sigla che sta per PRESTAZIONE OCCASIONALE), modificato sotto alcuni aspetti dalla Legge 96 del 9 agosto 2018, di conversione – con modifiche – del Decreto Dignità, n. 87/2018.
In generale, il PrestO non si discosta molto dal vecchio voucher, può ancora essere utilizzato anche dalle aziende agricole, ma con numerose limitazioni e particolarità che si ritiene non ne abbiano semplificato la gestione.

7. PROMOZIONE LAVORO AGRICOLO PER COVID: LA NOVITÀ’ CONFERMATA RECENTEMENTE NELLA CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO RILANCIO
La recente conversione in Legge del Decreto Rilancio, ha confermato la possibilità per le aziende agricole di assumere soggetti che percepiscono indennità a sostegno del reddito (cassa integrazione, disoccupazione, reddito di cittadinanza…), con adempimenti semplificati.

Nel dettaglio i soggetti che possono lavorare in agricoltura sono:

– percettori di cassa integrazione (limitatamente al periodo di sospensione a zero ore),
– percettori di NASPI o DIS-COLL (disoccupazione)
– percettori di Reddito Di Cittadinanza

Tutti questi soggetti possono stipulare con datori di lavoro agricoli contratti a termine non superiori a 30 giorni, rinnovabili per ulteriori 30 giorni, senza subire la perdita o la riduzione dei benefici previsti, nel limite di 2.000,00 euro per l’anno 2020.

Si tratta in sostanza di un contratto di lavoro a termine soggetto alle medesime regole degli altri rapporti di lavoro in agricoltura, con trattamento economico e normativo uguale a quello applicato alla generalità dei lavoratori agricoli nel rispetto della contrattazione collettiva di settore (nazionale o provinciale) e con le medesime tutele, ma che deve rispettare due condizioni:
• la retribuzione non deve superare il limite di 2.000 euro l’anno;
• il contratto non deve superare i 30 giorni, rinnovabili per ulteriori 30 giorni. 

Con riguardo a quest’ultimo aspetto (durata del contratto e del rinnovo) l’INPS ha chiarito che i 30 giorni si computano prendendo in considerazione le giornate di effettivo lavoro e non la durata in sé del contratto di lavoro; il contratto di lavoro può dunque essere stipulato anche per un arco temporale superiore ai 30 giorni, l’importante è che le giornate di effettivo lavoro non superino detto limite(30).

 

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