Sentenze di lavoro

Insulta il proprio superiore, lavoratrice licenziata

Nel caso in esame la Cassazione ha giudicato legittimo il licenziamento per grave insubordinazione di una dipendente che aveva rivolto ingiurie e minacce a un proprio superiore. Nello specifico, la lavoratrice era stata licenziata per aver proferito insulti pesanti e minacce, sul luogo di lavoro, nei confronti di una collega sovraordinata. Nei primi due gradi la lavoratrice era stata inizialmente reintegrata in servizio e indennizzata, anche facendo riferimento al contratto collettivo applicato che puniva l’insubordinazione con una sanzione conservativa, non ricorrendo – secondo i giudici dei primi due gradi – l’elemento della “gravità” della insubordinazione che lo stesso contratto prevedeva come necessario, per poter legittimamente irrogare un licenziamento disciplinare. La Cassazione ha invece ritenuto che l’elencazione delle ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta nei contratti collettivi abbia valenza meramente esemplificativa, sicché non preclude un’autonoma valutazione del giudice di merito in ordine alla capacità di un grave inadempimento o di un grave comportamento del dipendente contrario alle norme della comune etica o del vivere civile, di far venir meno il rapporto fiduciario con il datore. Analizzata la concreta gravità dell’accaduto, il licenziamento in questione è stato ritenuto legittimo.

Corte di Cassazione, ordinanza n. 4230/2024

 

La negligenza dei comportamenti durante la mutua può legittimare il licenziamento

Una lavoratrice dal “doppio comportamento” (in malattia di giorno e al lavoro di sera) è stata licenziata. Durante le ore serali era in un locale ad accogliere e servire i clienti, mentre di giorno era assente dal lavoro perché affetta da “lombalgia acuta”. A seguito delle considerazioni medico legali, la condotta della dipendente in malattia che si pone in contrasto con i doveri di cura e di guarigione è in grado di ledere in modo grave il vincolo fiduciario con il proprio datore di lavoro. Una dimostrazione di scarsa correttezza e buona fede nell’esecuzione del rapporto. La Corte ha ribadito un principio abbastanza consolidato nella giurisprudenza del lavoro, vale a dire che il lavoratore deve astenersi da comportamenti che possono ledere l’interesse del datore di lavoro alla corretta esecuzione della prestazione lavorativa. Nel caso in esame, la scelta di non riposare (e, anzi, di “esporsi”) è stata giudicata gravemente negligente e meritevole di licenziamento.

Corte di Cassazione, ordinanza n. 1472/2024

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