L’INDENNITÀ SOSTITUTIVA DEL PREAVVISO NON RIENTRA NELLA BASE DI CALCOLO DEL TFR
Dovendo giudicare sul caso in esame, i Giudici hanno affermato un principio che sarà oggetto di attenzione da parte degli esperti e della dottrina: l’indennità sostitutiva del preavviso di licenziamento non rientra nella base di calcolo del TFR, oltre ad essere esclusa dal computo di mensilità aggiuntive e ferie. La precedente giurisprudenza era più orientata sul fatto che tale indennità sia computabile nel TFR salvo diversa previsione contenuta nel contratto collettivo applicato (Cass. 12.10. 1993 n.10086; Cass. 22.02.1993 n. 2114; Cass.21.03. 1990 n. 2328).
Con la suddetta sentenza, la Corte ha quindi stabilito che la natura obbligatoria del preavviso comporta la risoluzione immediata del rapporto, con l’unico obbligo della parte recedente di corrispondere l’indennità sostitutiva. Per tale ragione, secondo i giudici, il periodo di mancato preavviso deve essere escluso dal computo delle mensilità aggiuntive, delle ferie e del Tfr in quanto riferito ad un arco di tempo non lavorato, successivo alla già intervenuta cessazione del rapporto di lavoro. Seguiremo eventuali sviluppi normativi.
(Corte di Cassazione, sentenza n. 1581/2022)
LICENZIAMENTO LECITO PER INCONGRUENZE SUL GPS
Il caso ha riguardato un lavoratore licenziato a seguito verifiche aziendali sul GPS installato sull’autovettura. La vicenda vedeva un’azienda farmaceutica che aveva fornito l’auto aziendale ad uso promiscuo ad un proprio dipendente (informatore scientifico), prevedendo un rimborso dei chilometri percorsi al di fuori dell’attività lavorativa. Il dipendente si era opposto alla decisione aziendale di installare i Gps sulle auto e considerava la decisione contraria alle regole sul trattamento dei dati personali. Nel mentre l’azienda avviava un procedimento disciplinare basato sui dati raccolti dal GPS.
La corte di Strasburgo ha confermato il licenziamento specificando che il lavoratore era stato messo a conoscenza dell’installazione del mezzo e che serviva a verificare i chilometri trascorsi nell’orario lavorativo e quello del periodo non lavorativo, precisando che in caso di contrasto tra i dati dichiarati e quelli indicati dalla macchina si sarebbe potuto aprire un procedimento disciplinare.
Dal momento che il datore di lavoro considera solo i dati strettamente chilometrici, l’ingerenza nella vita privata del ricorrente è stata limitata e proporzionale rispetto allo scopo perseguito, ossia il controllo delle spese aziendali. Per la corte quindi non si configura la violazione dell’art 8 della carta sui diritti umani.
(Corte di Strasburgo, sentenza 26968/1616)
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