IN ATTIVITÀ DURANTE LA MALATTIA, LICENZIAMENTO LEGITTIMO SE COMPROMETTE LA GUARIGIONE
La Cassazione con l’ordinanza n. 18245/2020 ha ribadito il principio per cui lo svolgimento di un’altra attività durante l’assenza dal lavoro può costituire grave inadempimento agli obblighi contrattuali da parte del lavoratore, se essa è tale da pregiudicare o ritardare la guarigione. I pilastri di questo principio sono la correttezza e la buona fede che devono imporre al lavoratore di astenersi, durante il periodo di assenza per malattia, da attività e comportamenti (lavorativi ed extra-lavorativi) che siano indice di scarsa attenzione nel rispetto della tutela della propria salute.
La Corte di legittimità tra l’altro asserisce che durante un periodo di malattia, non è in assoluto vietato lo svolgimento di un’altra attività, ma essa deve porsi in rapporto di necessaria compatibilità con lo stato di malattia, senza pregiudicare o ritardare la guarigione del lavoratore e quindi rischiando di decelerare il recupero dell’idoneità al lavoro. Anche durante la malattia, quindi, il lavoratore rimane strettamente vincolato al puntuale rispetto delle obbligazioni che, in via diretta o indiretta, discendono dal contratto di lavoro.
Il caso affrontato. Un’azienda aveva licenziato per giusta causa un dipendente per avere quest’ultimo prestato attività lavorativa nel bar pasticceria della moglie (l’assenza dal lavoro era per “dermatite acuta alle mani”). All’esito del giudizio era emerso che il lavoratore si era occupato di svolgere attività quali lavaggio stoviglie e preparazione caffè che esponevano le mani a fonte di calore, senza alcun dubbio. La Cassazione ha confermato la pronuncia già resa nei due gradi di merito, basandosi sul presupposto che il comportamento tenuto dal lavoratore era idoneo a ritardare la guarigione (a prescindere da ogni considerazione sulla effettiva sussistenza dello stato di malattia) e quindi erano stati violati gli obblighi di diligenza e fedeltà, nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede.
LICENZIATO DIPENDENTE CHE HA UTILIZZATO IL TELEPASS AZIENDALE PER USI PERSONALI
La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con sentenza n. 10540/2020, ha stabilito nel caso in questione che è stato legittimo licenziare il dipendente che, nella sua qualità di capo zona, ha omesso più volte i controlli di propria competenza presso i punti vendita della Società e ha usato più volte il telepass aziendale per ragioni extra-lavorative. I giudici della Corte di Cassazione, nel valutare le risultanze dei diversi gradi di giudizio, hanno ritenuto che tale comportamento è idoneo a ledere irreparabilmente e definitivamente il vincolo fiduciario posto a fondamento del rapporto di lavoro e, di conseguenza, giustifica il recesso per giusta causa irrogato dal datore di lavoro a conclusione del procedimento disciplinare.