L’obbligo di mettere a disposizione una sala mensa per il personale riguarda:
• le aziende che hanno più di 30 dipendenti
• le imprese nelle quali i dipendenti svolgono un lavoro all’aperto (in questo caso la mensa svolge anche la funzione di locale di riposo)
• i luoghi di lavoro nei quali i dipendenti svolgono attività insudicianti oppure nell’attività si è a contatto con polveri o sostanze tossiche.
I locali destinati ad uso refettorio devono essere ben illuminati, areati a dovere e riscaldati nella stagione fredda. La sala mensa deve rispettare le norme in termini di sicurezza e igiene, il pavimento non deve essere polveroso e le pareti devono essere intonacate e imbiancate.
Qualora l’organo di vigilanza non ritenga necessaria la presenza di un refettorio in una azienda può esonerare il datore di lavoro dal provvedere a tale obbligo.
Nella prassi le aziende che non dispongono di un servizio mensa hanno generalmente, a prescindere dal numero dei dipendenti, un ambiente destinato a uso refettorio.
Ma quali sono le caratteristiche che dovrebbero avere questi locali?
I lavoratori devono poter scaldare le proprie vivande e lavare i recipienti una volta consumato il pasto.
Generalmente i refettori sono dotati di uno scaldavivande e un frigorifero e, a volte, di un fornello. Anche questi ambienti, ovviamente, devono rispettare le norme che regolano la sicurezza dei luoghi di lavoro.
Non devono essere presenti elettrodomestici o apparecchiature di proprietà dei dipendenti, i quali potrebbero, inconsapevolmente, introdurre nel luogo di lavoro dei fattori di rischio per la sicurezza dell’azienda.
Cosa succede, invece, in assenza dell’obbligo d’istituire la mensa aziendale?
Il datore di lavoro può concedere ai suoi dipendenti i buoni pasto, comunemente noti come ticket restaurant, mezzi di pagamento in forma cartacea (voucher) o elettronica utilizzabili per acquistare pasti o prodotti alimentari.
Ogni buono, o ticket, ha un valore assegnato (solitamente tra i 2 ed 10 Euro) ed è riconosciuto da enti ed imprese convenzionate, come ristoranti, bar, mense e supermercati.
Si tratta, nella pratica, di una prestazione sostitutiva del servizio di mensa, ossia della somministrazione diretta di vitto da parte del datore di lavoro, laddove per l’azienda non sia possibile effettuare la somministrazione direttamente, né con mensa aziendale interna (la cui gestione può avvenire in proprio, o essere affidata in appalto ad un’apposita società), né con mensa esterna presso apposite strutture.
Possono essere beneficiari dei buoni pasto, oltre ai dipendenti full time, anche i lavoratori a tempo parziale. I lavoratori part time, difatti, hanno diritto ai buoni pasto in queste ipotesi:
• orario di lavoro che copre la fascia oraria di un pasto, non importa se pranzo o cena;
• distanza tra l’abitazione e l’azienda, che rende impossibile, per il lavoratore, consumare il pasto a casa propria: quest’ipotesi è stata recentemente confermata dalla Cassazione con la sentenza n. 22702 del 24.10.2014; in pratica, se l’orario di lavoro termina prima dell’ora di pranzo o di cena, ma il dipendente non ha la possibilità di fermarsi a mangiare né presso la mensa aziendale o esterna, né a casa propria, a causa della distanza tra l’abitazione ed il luogo di lavoro, ha diritto ai buoni pasto anche se l’orario di servizio non copre la fascia dei pasti.
I buoni pasto costituiscono un reddito esente da tassazione e da contribuzione Inps; a differenza delle somministrazioni dirette di vitto, che sono totalmente esenti, i ticket godono dell’esenzione sino al valore, per singolo buono, di 5,29 Euro, se erogati in forma cartacea; se il voucher, però, è elettronico, grazie alle previsioni della Legge di Stabilità 2015, gode dell’esenzione da imposizione sino all’ammontare di 7 euro, per ciascun buono. La normativa stabilisce anche che non è più possibile accumulare i ticket per fare la spesa: ogni lavoratore può, difatti, utilizzare un solo voucher al giorno, e solo nelle giornate lavorative.
L’importo del valore nominale del ticket eccedente il limite di 5,29 euro (o di 7 euro, se elettronico), costituisce retribuzione imponibile e non può mai essere considerato assorbibile dalla franchigia annuale di 258,23 euro, valida per i beni ceduti e i servizi prestati dal datore di lavoro.
È bene, poi, precisare che, secondo due noti provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate (Circ. 326E/1997 e 188E/1998;) l’esenzione dai redditi dei buoni pasto e dell’indennità sostitutiva di mensa sussiste solo laddove i benefici siano offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie omogenee di lavoratori.
A tal fine, non è rilevante che poi siano utilizzati, in concreto, solo dai dipendenti aventi diritto in base all’orario effettuato.
Sono esenti da imposizione anche i buoni offerti ai lavoratori a tempo parziale che non ne avrebbero diritto, in base a una risoluzione n. 118E/2006 dell’Agenzia delle Entrate.
Quando in azienda non è presente la mensa ed in zona non esistono servizi sostitutivi della stessa (ad esempio, somministrazione di alimenti e bevande effettuata da pubblici esercizi, cessione di prodotti pronti per il consumo immediato effettuata da gastronomie ed esercizi commerciali), il buono pasto risulta, di fatto, inutilizzabile.
In questi casi, il datore di lavoro deve corrispondere al dipendente un’indennità sostitutiva di mensa: si tratta di un reddito esente sino a 5,29 euro al giorno. L’esenzione per la monetizzazione del servizio mensa vale, infatti, se l’indennità è corrisposta ai lavoratori di unità produttive ubicate in zone prive di strutture o servizi di ristorazione, nonché agli addetti a cantieri edili, o ad altra struttura lavorativa a carattere temporaneo.
Secondo l’INPS (Circ. n. 84/2000), l’indennità sostitutiva di mensa può essere esclusa dall’imponibile contributivo, sino a 5,29 euro giornalieri, soltanto per i lavoratori per cui ricorrano contemporaneamente le seguenti condizioni:
• adozione di un orario di lavoro che comporti la pausa per il vitto (al contrario, secondo l’Agenzia delle Entrate, l’esenzione si applica anche quando non è previsto il diritto alla pausa pranzo – risoluzione n. 118E/2006);
• stabile assegnazione ad una unità produttiva;
• unità produttiva situata in un luogo che non consente di recarsi, senza l’utilizzo di mezzi di trasporto, al più vicino luogo di ristorazione per l’utilizzo di buoni pasto.
L’indennità sostitutiva di mensa non deve essere confusa con l’indennità di mensa, che è interamente imponibile, sia dal punto di vista contributivo che fiscale.