Con il D.Lgs del 4 agosto 1999 n. 345 lo Stato Italiano ha recepito la direttiva 94/33/CE relativa alla protezione dei giovani sul lavoro.
La normativa, modificando di fatto la Legge 977/67, ha inteso unificare le disposizioni in materia di lavoro minorile, estendendone l’applicazione a tutti i rapporti di lavoro, ordinari e speciali, che riguardano persone minorenni. Le disposizioni si applicano pertanto anche ai rapporti di apprendistato.
Si intendono per:
• bambino: il minore che non ha ancora compiuto 15 anni di età o che è ancora soggetto all’obbligo scolastico;
• adolescente: il minore di età compresa tra i 15 e i 18 anni di età e che non è più soggetto all’obbligo scolastico.
Ne risulta pertanto che, in linea generale, l’età minima per l’ammissione al lavoro non può mai essere inferiore a sedici anni compiuti subordinata al compimento del periodo di istruzione obbligatoria. Attualmente, in linea generale, si intende adempiuto il periodo di istruzione obbligatoria da coloro che hanno frequentato per almeno dieci anni le scuole elementari e medie (come previsto dal Decreto n. 139/2007 del Ministero della pubblica istruzione).
È vietato (a meno che non si tratti di motivi didattici o di formazione professionale, e per il tempo strettamente necessario alla formazione stessa, purché svolti sotto la sorveglianza di formatori e nel rispetto di quanto stabilito dalla normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro (D. Lgs 81/08)) adibire gli adolescenti a lavorazioni che li espongano a:
- agenti fisici quali atmosfera con pressione superiore a quella naturale, ad esempio in contenitori o locali sotto pressione ed a rumori con esposizione superiore a 90 decibel LEP-d;
- agenti biologici che possono causare malattie gravi e che possono propagarsi nella comunità o che sono stati geneticamente modificati;
- agenti chimici: sostanze classificate dalle seguenti classi e categorie di pericolo: tossicità acuta (categoria 1, 2 o 3), corrosione (cat. 1A, 1B o 1C), gas/aerosol/liquido infiammabile (cat. 1 o 2), esplosivi, sostanze e miscele autoreattive (tipo A, B, C o D), perossidi organici (tipo A o B), tossici per organi bersaglio (cat. 1 o 2), sensibilizzanti per vie respiratorie o per pelle (cat. 1A o aB), cancerogeni (cat. 1 A, 1 B o 2), mutageni (cat. 1 A, 1 B o 2), tossici per la riproduzione (cat. 1 A o 1 B), piombo e compositi ed amianto.
Gli adolescenti non possono essere adibiti al trasporto di pesi per più di 4 ore durante la giornata, compresi i ritorni a vuoto.
L’elenco esaustivo delle mansioni e dei processi vietati ai lavoratori minorenni è indicato nell’allegato I alla L. 977/67 aggiunto dal D.Lgs. 345/99 e modificato dal D.Lgs. 262/00.
I minori, non devono più essere sottoposti a visita medica preassuntiva, ma esclusivamente alle visite previste dalla normativa sulla sicurezza del lavoro ed alle successive visite periodiche.
Per gli adolescenti l’orario di lavoro non può superare le 8 ore giornaliere e le 40 ore settimanali. L’orario di lavoro non può durare senza interruzioni più di 4 ore e mezza. Salvo quanto disposto dai singoli CCNL o dalla competente Direzione Provinciale del Lavoro, qualora l’orario di lavoro giornaliero superi le 4 ore e mezza, deve essere interrotto da un riposo intermedio della durata di almeno un’ora. Ai minori deve essere assicurato un periodo di riposo settimanale di almeno due giorni, se possibile consecutivi, e comprendente la domenica. Per comprovate ragioni di ordine tecnico e organizzativo, il periodo minimo di riposo può essere ridotto, ma non può comunque essere inferiore a 36 ore consecutive.
Gli adolescenti impiegati nei settori turistico, alberghiero o della ristorazione possono avere il riposo settimanale in un giorno diverso dalla domenica.
È vietato il lavoro notturno per i minori di 18 anni.
(Con il termine “notte” si intende un periodo di almeno 12 ore consecutive comprendente l’intervallo tra le ore 22.00 e le ore 6.00, o tra le ore 23.00 e le ore 7.00. Per i pubblici esercizi il periodo notturno decorre dalle ore 24.00).
Unica eccezione per il lavoro notturno dei minorenni è il caso di forza maggiore – purché il minore abbia almeno 16 anni, che il lavoro sia temporaneo e non ammetta ritardi e che non siano disponibili lavoratori adulti – che ostacola il funzionamento dell’azienda. In tal caso, però, il datore di lavoro deve darne immediata comunicazione alla Direzione Provinciale del Lavoro, indicando la causa di forza maggiore, i nominativi dei minori impiegati e le ore per cui sono impiegati.
In tal caso spetta al minore, oltre alle maggiorazioni retributive, un periodo di riposo compensativo che deve essere fruito entro tre settimane.
Apprendisti 15enni – Interpello Ministero del Lavoro 11/2016
A seguito della richiesta avanzata dal Consiglio Nazionale dell’Ordine Consulenti del Lavoro relativamente all’orario di lavoro applicabile ai minori con età superiore a 15 anni, ma inferiore a 16 assunti con un contratto di apprendistato per la qualifica ed il diploma professionale, il Ministero ha risposto con l’interpello n. 11 del 21 marzo 2016.
Considerato:
• l’età minima per l’accesso al lavoro è attualmente fissata a 16 anni;
• è definito “bambino” il minore che non ha ancora compiuto 15 anni di età o che è ancora soggetto all’obbligo scolastico.
Il Ministero del Lavoro ritiene che i quindicenni ancora soggetti all’obbligo scolastico – per il conseguimento della qualifica, del diploma professionale di istruzione secondaria superiore e del certificato di specializzazione tecnica superiore (art. 43 D.Lgs. 81/20015) – possono effettuare un orario di lavoro non superiore a 7 ore giornaliere e 35 ore settimanali.
Al compimento del 16° anno, il minore potrà effettuare l’orario di lavoro previsto per gli adolescenti (8 ore al giorno e 40 ore settimanali).
I minorenni non possono somministrare alcolici
In base al Regolamento del Testo Unico di Pubblica Sicurezza, i minori degli anni 18 non possono essere adibiti alla somministrazione al minuto di bevande alcoliche negli esercizi pubblici, anche se trattasi di esercizi nei quali la vendita al minuto o il consumo delle bevande alcoliche non costituisca prestazione unica od essenziale dell’esercizio.
(art. 188 Regio Decreto 635/40).
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