Whistleblowing: cos’è e cosa devono fare le aziende

La scorsa primavera sono entrati in vigore alcuni adempimenti obbligatori inerenti al “whisteblowing” (D.L.vo 10 marzo 2023, n. 24, in attuazione della direttiva comunitaria n. 2019/1937).

Cos’è il whisteblowing

Il whisteblowing, termine anglosassone, è il fenomeno della difesa dei “whisteblower” (letteralmente: i suonatori di fischietto), vale a dire la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni di normative nazionali. Ed è proprio su questa tematica che vertono i nuovi adempimenti – e obblighi – che interessano sia i datori di lavoro pubblici che quelli privati, con determinate dimensioni:

  • Le imprese che hanno occupato, mediamente, negli ultimi dodici mesi, più di 249 dipendenti, debbono già adeguarsi in quanto l’obbligo è entrato in vigore lo scorso 15 luglio;
  • Per le imprese che hanno occupato, in media, nell’ultimo anno, almeno 50 lavoratori dipendenti, gli obblighi scatteranno a partire dal 17 dicembre 2023;
  • I datori di lavoro che pur non raggiungendo tale ultimo livello dimensionale, hanno come genere di attività i servizi ed i prodotti finanziari, la prevenzione del riciclaggio e le misure atte a bloccare il finanziamento del terrorismo, la sicurezza dei trasporti e la tutela dell’ambiente, nonché quelli che adottano i modelli organizzativi ex D.L.vo n. 231/2001, dovranno adottare le misure di adeguamento entro il prossimo 17 dicembre.

Cosa devono fare i datori di lavoro

Le aziende devono predisporre canali di segnalazione che garantiscano l’anonimato e la riservatezza del lavoratore che segnala l’irregolarità, del soggetto autore della presunta irregolarità e di chi, comunque, è nominato nella segnalazione: tale riservatezza va, ovviamente, garantita anche alla eventuale documentazione prodotta ed ai contenuti. La segnalazione può avvenire anche da parte di lavoratori autonomi, ivi compresi quelli con rapporto di collaborazione, da liberi professionisti e consulenti.

Sostanzialmente le aziende devono introdurre delle procedure interne in grado di consentire all’interessato di effettuare le segnalazioni degli illeciti in modo da avere la certezza che queste rimangano riservate. Il legislatore – italiano – ha però escluso la possibilità che vengano effettuate segnalazioni completamente anonime.

Oggetto della denuncia possono essere tutti i comportamenti, a giudizio del segnalante, illeciti di natura civile, penale, amministrativa e contabile lesivi sia di un interesse pubblico che di uno privato. La tutela deve sussistere anche durante il periodo di prova o alla fine del rapporto di lavoro, quando lo stesso si sia estinto.

Questi canali informativi potranno essere gestiti all’interno dell’azienda affidandone la responsabilità a personale idoneo e formato, oppure a soggetti esterni di provata professionalità. Le segnalazioni circa le irregolarità potranno avvenire nelle forme più disparate: per iscritto, anche attraverso mail, oralmente o, qualora il segnalante lo richieda, attraverso incontri diretti: la riservatezza di chi segnala deve essere assolutamente garantita e non può essere resa nota in alcun modo, salvo consenso espresso dell’interessato.

Le modalità di segnalazione di eventuali irregolarità devono essere portate a conoscenza di tutto il personale, attraverso una informativa generalizzata e chiara. La procedura non può rimanere fine a sé stessa: infatti è previsto che entro sette giorni dalla ricezione sia fornito un avviso di ricevimento e, entro 90 giorni, un primo riscontro relativo alle indagini in essere a seguito della segnalazione.

Il D.lgs. n. 24/2023 stabilisce il divieto di qualsiasi atto ritorsivo nei confronti di chi segnala le presunte irregolarità, precisamente:

  • licenziamento, sospensione o misure equivalenti;
  • retrocessione di grado o mancata promozione;
  • mutamento di funzioni, cambiamento del luogo di lavoro, riduzione dello stipendio, modifica dell’orario di lavoro;
  • sospensione della formazione o qualsiasi restrizione dell’accesso alla stessa;
  • note di merito negative o referenze negative;
  • adozione di misure disciplinari o di altra sanzione, anche pecuniaria;
  • discriminazione o trattamento sfavorevole;
  • mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, laddove il lavoratore avesse una legittima aspettativa a detta conversione;
  • mancato rinnovo o risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine.

La nuova normativa individua anche le sanzioni che l’ANAC (autorità anti corruzione), deve irrogare qualora accerti alcune violazioni in materia di segnalazione e di mancata istituzione di canali di segnalazione. Sono sanzioni di natura pecuniaria pesanti che sono comprese tra i 10.000 ed i 50.000 euro.

 

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