I DANNI PER VIOLAZIONE DELLA ROTAZIONE CIG E DEMANSIONAMENTO SONO DISTINTI E RISARCIBILI SECONDO DIVERSI PARAMETRI
La Cassazione Civile ha recentemente stabilito (con ordinanza n. 20466/2020), che il danno da illegittima sospensione in cassa integrazione guadagni e il danno da demansionamento subìti dal lavoratore, nel periodo di sospensione, sono concettualmente distinti. I giudici hanno motivato ciò asserendo che i piani risarcitori sono riconducibili alla violazione di precetti normativi differenti: quelli attinenti all’osservanza dei criteri di rotazione e quelli posti a tutela della professionalità e della personalità del lavoratore (art. 2013 cc). Sono due sfere, dunque, risarcibili alla stregua di diversi parametri. Non è corretto, pertanto, concludere che l’accertamento del diritto risarcitorio scaturito dalla violazione delle norme in tema di rotazione, cui consegue il diritto a percepire le differenze tra la retribuzione mensile dovuta e l’indennità di cassa integrazione percepita, possa assorbire anche il diritto derivante dalla violazione dell’articolo 2103 cc, da cui consegue, invece, il diritto al risarcimento di danni non patrimoniali cagionati dall’illegittima lesione della professionalità del lavoratore.
DIVERBIO CON SUPERIORE GERARCHICO E GIUSTA CAUSA DI LICENZIAMENTO
La Cassazione Civile (n. 13411/2020), ha stabilito che la nozione di insubordinazione, nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, non può essere limitata al rifiuto di adempimento delle disposizioni dei superiori, ma implica necessariamente anche qualsiasi altro comportamento atto a pregiudicare l’esecuzione ed il corretto svolgimento di dette disposizioni nel quadro della organizzazione aziendale. È dunque erronea in diritto la tesi per cui l’insubordinazione dovrebbe essere limitata al rifiuto di adempimento delle disposizioni dei superiori gerarchici; la violazione dei doveri del prestatore riguarda non solo la diligenza in rapporto alla natura della prestazione, ma anche l’inosservanza delle disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore o dai suoi collaboratori. Nel caso di specie, il licenziamento per giusta causa del lavoratore era intervenuto a sanzionare l’ennesimo episodio di insubordinazione e aggressione verbale, la cui gravità sotto il profilo soggettivo era resa evidente dal fatto che lo stesso aveva registrato la conversazione, rivelando così la consapevolezza e l’intenzionalità dello scontro verbale e la volontà di provocarlo per procurarsi una qualche prova di condotta non corretta del superiore.