Sentenze di lavoro

Licenziato il lavoratore che offende l’azienda su Facebook 

Il caso ha riguardato un dipendente che aveva diffuso post e commenti offensivi – sul famoso social network “Facebook” – contro l’azienda datrice di lavoro. A seguito procedimento disciplinare, il lavoratore era stato licenziato dall’azienda e il dipendente aveva poi impugnato. I giudici hanno avvalorato tale licenziamento adducendo che il rapporto interpersonale, proprio per il mezzo utilizzato, assume un profilo allargato a un gruppo indeterminato di aderenti e, come tale, risulta rilevante anche da un punto di vista penale. Ne consegue che una tale condotta ben legittima il recesso dal rapporto di lavoro da parte dell’azienda, che si vede offesa e denigrata dinnanzi a una platea molto ampia. 

 (Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Ordinanza n. 12142/2024) 

 

Abuso dei permessi per assistenza a disabile: lavoratore licenziato 

La Cassazione torna su un tema piuttosto dibattuto nell’ultimo periodo, il corretto (o scorretto) utilizzo dei c.d. “permessi 104” da parte dei dipendenti. Nel caso in questione, i giudici hanno ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa del lavoratore che, nell’usufruire di tali permessi, era stato sorpreso (dall’agenzia investigativa incaricata dal datore) a svolgere attività diverse da quelle di assistenza. In giudizio si era specificato che l’assistenza – legittimante tale beneficio in favore del lavoratore – non è esclusiva al punto da impedire, a chi la offre, di dedicare spazi temporali adeguati alle personali esigenze di vita, ma essa deve comunque garantire al familiare disabile un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale e di relazione. In conclusione, ove venga a mancare il nesso causale tra assenza dal lavoro e assistenza al disabile si configura un abuso del diritto e la violazione dei principi di correttezza e buona fede, con rilevanza anche ai fini disciplinari. 

(Cassazione Civile, Sezione Lavoro, ordinanza n. 11999/2024) 

 

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