Sentenze di lavoro

L’appellativo omofobo ad una collega è discriminazione sessuale: licenziamento legittimo

È sorretto da giusta causa il licenziamento del dipendente che si rivolge ad una collega esclamando con intento irrisorio <<ma perché, non sei lesbica tu?>> in quanto tale condotta non è semplicemente una forma di maleducazione ma concretizza una vera e propria discriminazione fondata sull’orientamento sessuale: così la Corte di Cassazione ha stabilito che offendere una collega con tono di scherno, in riferimento all’orientamento sessuale, è punibile con il licenziamento.

I Giudici hanno ritenuto che l’intrusione nella sfera intima e riservata della persona, con modalità di scherno, non può considerarsi semplicemente un comportamento contrario alle sole regole della buona educazione e degli aspetti formali del vivere civile, ricordando che il Dlgs 198/2006 (codice delle pari opportunità) all’articolo 26 considera come discriminazioni anche le molestie, intese come condotte di natura degradante e offensiva realizzate per ragioni connesse al sesso. Sulla base di questa ricostruzione, la Corte (annullando la sentenza della Corte di appello di Bologna), ha confermato la validità del licenziamento.

Corte di Cassazione, sentenza n. 7029 del 9 marzo 2023  

Indici di subordinazione per la riqualificazione delle collaborazioni

Ad inizio 2023 la Corte di Cassazione ha potuto affermare – nonché ribadire – gli indici al fine di comprendere ed individuare le differenze tra contratti di lavoro autonomo e contratti nei quali è palese la natura subordinata del rapporto. Tali indici, su cui è necessario caso per caso una valutazione approfondita, sono sinteticamente riportati di seguito:

  1. oggetto generico della collaborazione indicato nel contratto;
  2. compenso commisurato alle giornate lavorative;
  3. assenza di rischio economico per il lavoratore;
  4. controllo orario e giornaliero della prestazione del collaboratore da parte del committente;
  5. disponibilità ad operare nelle fasce orarie richieste.

Corte di Cassazione, Ordinanza n. 1095 del 16 gennaio 2023

 

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