Utilizzo auto aziendale e addebito alla società di spese carburante non inerenti all’attività lavorativa: licenziata per giusta causa
Nel caso attenzionato dai giudici, è stato dichiarato legittimo il licenziamento per giusta causa irrogato alla lavoratrice che abbia addebitato alla datrice di lavoro spese di carburante per l’uso dell’auto aziendale eccessive rispetto al chilometraggio effettivamente dichiarato e percorso in esecuzione dell’attività lavorativa. Tale condotta è, infatti, stata reputata grave e idonea a far venir meno il vincolo fiduciario, pilastro del rapporto di lavoro. La Suprema Corte ha anche precisato che il datore di lavoro ha il potere, ma non l’obbligo, di controllare in modo continuo i propri dipendenti e di contestare loro immediatamente qualsiasi infrazione al fine di evitarne un possibile aggravamento.
Per quanto concerne la tempestività della contestazione disciplinare, essa va valutata non in relazione al momento in cui il datore avrebbe potuto accorgersi dell’infrazione ove avesse controllato assiduamente l’operato del dipendente, ma con riguardo all’epoca in cui ne abbia acquisito piena conoscenza indipendentemente da quando si sia verificata.
(Cassazione Lavoro, sentenza n. 7467/2023)
Procedimento disciplinare ed eventuale “differimento”
Il dipendente aveva presentato ricorso dopo essere stato licenziato – al termine dell’iter disciplinare art. 7 L. 300/1970 – per aver rifiutato di sottoscrivere un ordine di servizio relativo alle postazioni e agli orari di lavoro e per aver contestualmente aggredito verbalmente i responsabili del cantiere con minacce e ingiurie. Il motivo del ricorso proposto dal lavoratore verteva sul mancato accoglimento dell’istanza di rinvio dell’audizione disciplinare, richiesto in ragione dell’esiguo tempo avuto a disposizione tra il momento in cui era venuto a conoscenza della fissazione dell’audizione e la data fissata per questa, tale, nella sua prospettazione, da non consentirgli di reperire un rappresentante sindacale. Dichiarando l’infondatezza di tale motivo di ricorso, la Corte ha ribadito il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale, quando viene richiesto il differimento dell’audizione disciplinare, «è onere del lavoratore allegare la sussistenza di esigenze difensive non altrimenti tutelabili alla base della richiesta stessa».
Nella fattispecie, deve ritenersi irrilevante la scelta del lavoratore di ritirare la raccomandata dopo quattro giorni di compiuta giacenza, valorizzando altresì il fatto che, essendo stato il lavoratore a richiedere l’audizione, lo stesso avrebbe ben potuto da tale momento acquisire la disponibilità di un sindacalista per il momento in cui fosse stato convocato.
(Cassazione Lavoro, sentenza n. 26043/2022)