Mansioni ulteriori: nessun compenso aggiuntivo se rientrano nel profilo professionale del Ccnl
La Cassazione ha sentenziato che il lavoratore il quale, durante il rapporto di lavoro, venga adibito dal datore di lavoro allo svolgimento di mansioni ulteriori rispetto a quelle originariamente assegnategli, seppur nel rispetto della professionalità e della qualificazione contrattuale conseguite, non ha diritto a ricevere un compenso aggiuntivo – salvo espressi accordi ex lege oppure ex contrattazione – a meno che i compiti espletati in concreto integrino una mansione ulteriore rispetto a quella che il datore può esigere. Il caso ha riguardato alcuni infermieri che volevano ottenere la corresponsione di un’indennità aggiuntiva per aver svolto mansioni ulteriori rispetto a quelle assegnate in precedenza. I giudici hanno rigettato la domanda in quanto tali mansioni ulteriori erano rientranti nel medesimo inquadramento professionale delineato dalle parti collettive ed anche perché i lavoratori non avevano dimostrato alcun aggravamento quantitativo o qualitativo della prestazione resa. Dunque, i dipendenti adibiti dal datore allo svolgimento di ulteriori prestazioni rispetto a quelle originariamente assegnategli, non possono pretendere, in mancanza di disposizioni legislative o contrattuali in tal senso, la corresponsione di un doppio salario, per la duplicità di mansioni conglobate in un’unica.
(Cassazione Civile, Sezione Lavoro, sentenza 15 febbraio 2021, n. 3816).
Licenziamento orale ed onere del lavoratore
La Corte di Cassazione ha stabilito che chi impugna un licenziamento ha l’onere di provarne l’esistenza. I giudici hanno affermato dunque che il lavoratore che impugna il licenziamento dimostrandone l’intimazione senza l’osservanza della forma scritta, ha l’onere di provare, quale fatto costitutivo della domanda, che la risoluzione del rapporto è riferibile alla volontà datoriale, seppur manifestata con comportamenti concludenti, non essendo sufficiente la prova della mera cessazione dell’esecuzione dell’attività lavorativa.
(Cassazione Civile, Sezione Lavoro, sentenza 1° aprile 2021, n. 9108).
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