Il contratto a tempo determinato o contratto a termine, come noto, è un contratto subordinato nel quale è prevista una durata già stabilita in sede contrattuale mediante l’apposizione di un termine finale.
Si caratterizza, quindi, per la preventiva determinazione della sua durata e la conseguente estinzione automatica allo scadere del termine inizialmente fissato, salvo ipotesi di proroghe. Si specifica che la presente trattazione non riguarda i contratti c.d. stagionali (per i quali si rimanda al nostro articolo Il contratto stagionale: indicazioni alle imprese – Associazione Commercianti Albesi (acaweb.it) )
L’istituto del contratto a termine è perlopiù disciplinato dal D.L. 81/2015, cui si rimanda per le varie specifiche. Con la presente disamina si analizza il tempo di durata massima che può avere un contratto a tempo determinato.
Breve excursus normativo
È possibile rinvenire una prima regolamentazione del contratto a termine nell’articolo 2097 del codice civile, secondo il quale <<Il contratto di lavoro si deve reputare a tempo indeterminato se il termine non risulta dalla specialità del rapporto o da atto scritto>>.
Il legislatore spesse volte è intervenuto a modificare la disciplina del contratto a termine con diversi atti successivi (si citano ad esempio le leggi n. 230/1962 e n.368/2001).
La c.d. riforma Fornero (L. 92/2012) aveva da un lato favorito una maggiore flessibilità del contratto a termine facilitandone la stipulazione e dall’altro ha disincentivato l’uso di tale forma contrattuale in favore del contratto a tempo indeterminato, definito come ‘’contratto dominante’’. L’obiettivo era quello di scoraggiare il prolungato utilizzo del lavoro a termine rendendolo più oneroso per il datore di lavoro tramite un contributo previdenziale aggiuntivo destinato a finanziare la disoccupazione (tale contributo è tuttora in vigore).
Il Decreto Legislativo n. 81/2015 (cd. Jobs Act) ha liberalizzato il contratto a tempo determinato, disponendone la durata massima di 36 mesi senza l’individuazione di ipotesi tassative per l’apposizione del termine. Superati i 36 mesi di durata massima del contratto, era prevista la trasformazione a tempo indeterminato a decorrere dalla data di superamento.
I rilevanti interventi del decreto dignità nel 2019
Il Decreto Dignità – tuttora in vigore seppur con modifiche intervenute di recente e che sono trattate in seguito – aveva previsto importanti novità in materia di contratto a termine, soprattutto con riferimento ai limiti di durata, ai presupposti e ai limiti per proroghe/rinnovi, all’incremento del contributo addizionale e alla nuova percentuale di lavoratori a termine da assumere presso le aziende.
Nello specifico, la durata del contratto, con il Decreto Dignità, è passata da 36 a 12 mesi, con la previsione di un massimo di 4 proroghe. Nei primi 12 mesi il contratto si considera acausale, non necessita quindi dell’apposizione della motivazione giustificatrice da parte del datore di lavoro. Viene introdotta la possibilità di apporre un termine superiore, entro il limite massimo di 24 mesi, solo in presenza di una delle causali legali (causali che, al netto di quella “sostitutiva”, sono di difficilissima applicazione).
La normativa attuale a seguito delle ultime novità legislative
I recenti interventi normativi hanno cercato di ridurre le stringenti linee del decreto Dignità, specialmente in riferimento alle c.d. “causali”. Il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato gode ora di una nuova disciplina, a seguito, per l’appunto, delle disposizioni che sono state introdotte sia dal Decreto Legge 4 maggio 2023, n. 48, (come modificato dalla Legge di conversione 3 luglio 2023, n. 85) e sia dall’articolo 18, comma 4-bis del Decreto Legge 30 dicembre 2023, n. 215, convertito dalla Legge 23 febbraio 2024, n. 18.
In sintesi:
- È possibile apporre ai contratti a termine una durata superiore ai 12 mesi, sempre nel rispetto dei 24 mesi complessivi, solamente in presenza di una delle seguenti condizioni:
a. nei casi previsti dai contratti collettivi;
b. in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 dicembre 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
b-bis. in sostituzione di altri lavoratori.
- Per i contratti a tempo determinato di durata inferiore ai dodici mesi, il regime della c.d. acausalità resta valido anche in caso di rinnovi.
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