La sigla TFR sta per Trattamento di Fine Rapporto e rappresenta una forma di retribuzione differita da destinare al lavoratore dipendente, la cui maturazione parte all’iniziare del rapporto lavorativo e la cui corresponsione è posticipata, generalmente, alla cessazione del rapporto di lavoro.
È una somma che ogni datore di lavoro deve accantonare mese per mese ed erogare al dipendente nel momento in cui viene meno il rapporto lavorativo. La sua fonte normativa principale è contenuta nell’art. 2120 del codice civile.
Il TFR spetta indipendentemente dalla motivazione che ha portato alla cessazione del rapporto di lavoro subordinato e viene corrisposto quando il dipendente:
– viene licenziato, a prescindere dalla motivazione
– presenta le dimissioni
– insieme al datore di lavoro firma la risoluzione consensuale del contratto
– in caso di cessazione attività a prescindere dalla causa (vendita, fallimento, ecc)
– alla scadenza naturale di un contratto a termine (se maturato)
– in caso di morte del lavoratore (agli eredi/aventi diritto)
I soggetti beneficiari del TFR sono la generalità dei lavoratori dipendenti, indipendentemente dalla qualifica, inquadramento, tipo di contratto (compresi i lavoratori in prova se lo maturano, i lavoratori domestici, a domicilio e i soci lavoratori con rapporto di lavoro subordinato).
COMPOSIZIONE DEL TFR
Il comma 2 dell’art. 2120 individua la retribuzione da accantonare anno per anno a titolo di TFR: <<…tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese…>>. Sulla scia della normativa, pertanto, vanno computate nel calcolo del TFR anche erogazioni relativi ad istituti frequentemente corrisposti (a titolo esemplificativo e non esaustivo: trasferte ricorrenti, ore di straordinario non occasionali).
La contrattazione collettiva può sia escludere o sia inserire determinati istituti nel calcolo del TFR (in questo caso il datore di lavoro deve applicare le indicazioni del contratto collettivo per tutti i dipendenti). Sono ad ogni modo esclusi i rimborsi spese/km.
DOVE SI ACCANTONA O SI DESTINA IL TFR
Conosciuto anche con il nome di “liquidazione” o “buonuscita”, il TFR è stato istituito dalla legge 297/1982, per poi essere modificato dalla legge 252/2005 in tema di previdenza complementare. Ed infatti a seguito della modifica legislativa, oggi il dipendente ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro di accantonare le somme di TFR spettanti in un fondo di previdenza complementare, al fine di garantirsi una pensione integrativa. In tal modo il lavoratore può beneficiare della deducibilità fiscale sui contributi versati, mentre il datore ha la “comodità” di erogarlo mensilmente al fondo così da non dover liquidare una somma tutta intera (generalmente notevole) a fine rapporto di lavoro.
È il dipendente, quindi, a scegliere la destinazione delle quote accantonate del TFR, infatti ogni lavoratore, entro 6 mesi dall’assunzione, deve sottoscrivere se incaricare il datore a destinare il TFR al finanziamento della previdenza complementare o se lasciarlo in azienda.
La scelta di destinare il TFR ad un fondo pensionistico è irreversibile, mentre nel caso si decida di lasciarlo in azienda si potrà sempre rivedere la propria decisione destinando il TFR futuro ad un fondo di previdenza complementare.
Nelle imprese private con più di 50 dipendenti vi è l’obbligo di versare le quote del TFR maturate da ciascun lavoratore – e non destinate a fondi pensioni complementari – nel Fondo di Tesoreria dell’INPS.
QUANDO DEVE ESSERE LIQUIDATO IL TFR
Per legge il TFR è corrisposto alla cessazione del rapporto lavorativo (ed è prevista l’elaborazione del relativo cedolino paga). Il lavoratore non deve quindi presentare alcuna istanza per ottenerlo. A tal proposito si ricorda che nessuna norma vieta alle parti di concordare un pagamento rateale del TFR alla fine del rapporto, purché vi sia un volontario accordo privato, sottoscritto sia dal lavoratore sia dal datore, con all’interno dettagliate le modalità e le tempistiche dei pagamenti. Qualora durante il rapporto sia intervenuto un anticipo del TFR, quest’ultimo va decurtato al conteggio finale del TFR.
ANTICIPO TFR
Sempre come descritto dall’articolo 2120 del codice civile, il dipendente può chiedere anche un anticipo del TFR, nella misura non superiore al 70% dell’importo maturato. Può farne richiesta:
– il dipendente con almeno 8 anni di servizio
e
– solo quando ha particolari esigenze di spesa – come l’acquisto di una casa o il dover sostenere delle spese per prestazioni sanitarie – che devono essere comprovate tramite opportuna documentazione.
In mancanza anche di una sola delle due condizioni di cui sopra, il dipendente non può esercitare il diritto di richiedere un anticipo. Se lo farà, l’accoglimento o il rigetto della richiesta sarà ad esclusiva discrezione del datore di lavoro.
Si suggerisce di prestare particolare attenzione qualora il dipendente abbia in atto un pignoramento o una cessione dello stipendio che renderebbe difficile – in alcuni casi impossibile – erogare un anticipo del Tfr.
Invece, è assolutamente sconsigliata l’erogazione anticipata mese per mese del TFR, che da ultimi orientamenti della giurisprudenza del lavoro, può portare svantaggi notevoli in capo al datore di lavoro (l’erogazione di una quota mensile per ogni mese potrebbe essere contestata e considerata al pari di una normale retribuzione aggiuntiva e quindi si rischia di pagare Il TFR sostanzialmente due volte, perdipiù maggiorato, in quanto lo stipendio cui computarlo sarebbe considerato aumentato!!).
CALCOLO DEL TFR: CENNI TEORICI
L’importo del TFR dipende da due fattori: lo stipendio del dipendente e la durata dell’impiego.
Più nel dettaglio, per il calcolo del TFR bisogna dividere per 13,5 un importo pari – e mai superiore – alla retribuzione annua lorda del lavoratore. Più saranno gli anni di servizio, quindi, e maggiore sarà l’importo del TFR. Nel calcolo della retribuzione lorda concorre non solo lo stipendio base, ma tutti gli altri compensi ed indennità che costituiscono la retribuzione del dipendente, ad eccezione – si ribadisce – di quanto viene corrisposto a titolo occasionale o di rimborso spese.
È bene specificare, inoltre, che
– intorno alla metà di ogni mese l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) rende noto il coefficiente di rivalutazione delle quote di trattamento di fine rapporto (TFR) accantonate in Azienda;
– ogni 31 dicembre il TFR viene rivalutato applicando un tasso dell’1,5% in misura fissa e del 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo rilevato dall’ISTAT. La rivalutazione si calcola sempre sul fondo TFR accantonato fino all’anno precedente, per cui al TFR maturato nell’ultimo anno non si deve applicare alcuna rivalutazione.
Una volta individuato il TFR annuo rivalutato si applicherà la tassazione che, nel TFR è separata. Infatti, il TFR è considerata una erogazione “una tantum” e come tale fa parte di quegli emolumenti che derivano da un processo produttivo pluriennale e che quindi sono soggetti a tassazione separata, vale a dire che l’importo diventa imponibile IRPEF con un’aliquota proporzionale (e non più progressiva).
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