DISTACCO TRANSNAZIONALE: QUANDO LA SANZIONE NON SI RADDOPPIA -Di Eufranio Massi

 

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro chiarisce i dubbi in merito alle sanzioni comminate in caso di distacco illecito.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la nota n. 5398 del 10 giugno 2019, rispondendo ad una richiesta di chiarimenti relativa al distacco transnazionale avanzata dall’Ispettorato Interregionale di Milano, ha affermato che allorquando, in presenza di un distacco illecito (concetto che va oltre il mero distacco e comprende anche altre ipotesi di decentramento produttivo come l’appalto, il subappalto, la somministrazione, ecc.) la figura del “falso distaccante” e quella dello “pseudo distaccatario” coincidono, la sanzione non va duplicata.

Prima di entrare nel merito della risposta credo che sia opportuno ricapitolare, sia pure brevemente, la normativa di riferimento ricordando che ogni Stato della Comunità Europea, per effetto della Direttiva n. 2014/67/UE del 15 maggio 2014, ha dovuto emanare norme finalizzate a tutelare il distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi. Il nostro Paese ha adempiuto all’onere attraverso il decreto legislativo n. 136/2016.
Quest’ultimo provvedimento che, per certi versi, è anche “figlio” del precedente decreto legislativo n. 72/2000 (ora abrogato), si pone un duplice obiettivo:

• fornire ai lavoratori interessati garanzie economiche e normative su una serie di istituti legali e contrattuali del tutto simili a quelle dei dipendenti dalle imprese italiane operanti sul territorio;
• prevedere un sistema di monitoraggio (anche attraverso raccordi continui con il Paese di provenienza dell’impresa distaccante) e di controllo, con la individuazione di un apparato sanzionatorio analogo a quello interno e, per alcune voci, più specifico.

L’articolato, e poi anche le note esplicative dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, tendono a ben identificare alcuni indici di distacco illecito, atteso che, sovente, ci si trova di fronte a soggetti che pongono in essere accorgimenti particolari finalizzati ad eludere il dettato normativo.

In particolare l’art. 3 ne delinea alcuni particolarmente significativi:

• l’azienda distaccante non opera, in alcun modo, nel paese di provenienza, essendo la stessa una sorta di “copertura” di una impresa che sulla carta risulta “estero vestita”;

• il datore di lavoro distaccante svolge soltanto una mera attività di somministrazione di manodopera senza avere alcuna autorizzazione nel Paese di provenienza;

• i lavoratori distaccati già si trovano in Italia e vi lavorano con una certa abitualità;

• il lavoratore distaccato già assunto dall’impresa distaccante viene licenziato (o si dimette) durante il periodo di distacco e, senza una comunicazione di modifica della data di cessazione relativa alla fine dello stesso, continua a prestare la propria attività presso il soggetto distaccatario.

Senza entrare nel merito della specifica normativa del decreto legislativo n. 136/2016, mi sembra opportuno sottolineare come obiettivo del Legislatore sia quello di combattere forme di dumping sociale particolarmente perniciose (le disposizioni, sia detto per inciso, trovano applicazione anche alle imprese extra comunitarie che “distaccano” loro personale in Italia).

Da quanto appena detto ne consegue che allorquando ci si trovi in presenza di un distacco transnazionale non genuino, i lavoratori vengono posti, a tutti gli effetti (economici, normativi, contributivi ed assicurativi) alle dipendenze del committente, cosa che comporta l’integrale applicazione sia del CCNL di riferimento (ma anche, se esistenti, delle disposizioni pattizie di secondo livello) che delle tutele in materia di lavoro e di legislazione sociale.

Ma quali sono le principali sanzioni applicabili (mi astengo dal trattare quelle specifiche  relative agli obblighi di comunicazione, all’autotrasporto, alla documentazione in lingua italiana, alla conservazione dei contratto di lavoro, dei prospetti paga e della altra documentazione essenziale ed alla mancata designazione dei referenti)?

Il distacco transnazionale illecito comporta nei confronti dei due soggetti (distaccante e distaccatario) una sanzione amministrativa pari a 50 euro al giorno per ogni lavoratore interessato che, in ogni caso, non potrà essere inferiore a 5.000 euro e superiore a 50.000: se sono stati impiegati soggetti minorenni è previsto anche “il penale” con l’arresto fino a 18 mesi e l’ammenda fino a 300 euro al giorno per ogni lavoratore interessato. Il Legislatore, con il comma 445 dell’art. 1 della legge n. 145/2018, ha incrementato del 20% gli importi delle sanzioni relative alla violazione degli obblighi amministrativi previsti dall’art. 10 del decreto legislativo n. 136/2016, ma si è “dimenticato” di ritoccare quella relativa al distacco illecito.

Per completezza di informazione ricordo che nel distacco transnazionale può ben ipotizzarsi la somministrazione fraudolenta, reintrodotta nel nostro ordinamento dal D.L. n. 87/2018, convertito, con modificazioni, nella legge n. 96: ora, il precetto si rinviene nell’art. 38 bis del decreto legislativo n. 81/2015. Tale reato, punito con un’ammenda di 20 euro al giorno per ogni lavoratore interessato, peraltro oblabile ex art. 162 cpp, si ravvisa laddove le parti pongono in essere comportamenti finalizzati ad eludere norme inderogabili di legge e di contratto collettivo. La circolare dell’INL n. 3/2019 invita gli ispettori delle articolazioni periferiche a valutare, nel corso dei loro accertamenti, anche tale ipotesi.

Vado, ora, ad esaminare la questione trattata con la risposta dell’INL all’Ispettorato Interregionale del Lavoro di Milano.

L’attenzione viene focalizzata sull’art. 3, comma 5, allorquando uno pseudo distacco viene un’impresa ubicata in uno Stato comunitario che distacca proprio personale presso una propria unità produttiva in Italia: lo stesso soggetto è , contemporaneamente, distaccante e distaccatario.

Secondo l’INL (e qui la valutazione ricade sui singoli ispettori) la risposta è duplice:

• trova applicazione la doppia sanzione allorquando l’unita produttiva di una certa impresa pu considerarsi sede secondaria, intesa come “centro distinto di responsabilità”. Elementi indicativi di tale circostanza sono sia l’iscrizione nel Registro delle imprese che la presenza, nel nostro Paese, di un rappresentante legale;
• trova applicazione un’unica sanzione, nel senso che non sussiste alcuna duplicazione, allorquando tra i soggetti identificati (“il falso distaccante e lo pseudo distaccatario”) non c’è alcuna distinzione, nel senso che i lavoratori sono stati inviati presso l’unita produttiva italiana che non presenta alcuna autonomia (anche, e soprattutto, sotto l’aspetto legale) e viene condotta da un mero preposto nominato dalla sede principale che si trova in un Paese comunitario. In questo caso, in applicazione dell’antico brocardo latino “ne bis in idem”, gli ispettori del lavoro dovranno procedere ad applicare un’unica sanzione amministrativa nei confronti del solo trasgressore dotato di personalità giuridica, ossia il soggetto distaccante.

 

(Bologna, 16 giugno 2019).

  

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