Il provvedimento (che non è ancora entrato in vigore ma è in attesa di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale) mira, in particolare a limitare l’utilizzo dei contratti di lavoro a tempo determinato, favorendo i rapporti a tempo indeterminato.
A questo scopo, si prevede che il nuovo contratto a termine dovrà avere le seguenti caratteristiche:
– il primo contratto potrà avere una durata massima di 12 mesi se stipulato senza causale (ovvero la motivazione tecnica che induce a stipulare un rapporto a termine); potrà essere rinnovato per un massimo di altri 12 mesi, ma con l’obbligo di indicare la causale;
– nel caso in cui, invece, sia apposta da subito la causale, il primo contratto potrà essere stipulato con un tetto massimo di 24 mesi;
il numero delle proroghe possibili nei contratti a termine diminuisce da 5 a 4, ferma restando la durata massima di 24 mesi (anziché 36), come descritto sopra; alla quinta proroga il contratto si intende a tempo indeterminato;
– le causali del contratto a termine possono essere le seguenti:
– temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro, o per esigenze sostitutive
– connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria
– relative alle attività stagionali e a picchi di attività;
– i contratti rinnovati avranno un costo contributivo dello 0,5% in più rispetto all’1,4% già previsto per i contratti a tempo determinato;
– il contratto a termine potrà essere impugnato entro 180 giorni (in precedenza il limite era di 120 giorni).
FASE TRANSITORIA
Il DL Dignità disciplina anche la fase di transizione, infatti prevede che le disposizioni si applicano ai contratti di lavoro a tempo determinato nuovi, ovvero sottoscritti dopo l’entrata in vigore del Decreto-Legge; la nuova disciplina si applica anche in caso di rinnovo a tempo determinato di contratti in corso alla data di entrata in vigore del decreto.
Le stesse norme si applicano anche al contratto di somministrazione a tempo determinato.
Il DL Dignità è intervenuto anche in materia di licenziamenti, aumentando l’indennità in caso di recesso illegittimo e facendola salire da un minimo di 6 (prima era 4) ad un massimo di 36 mensilità (in precedenza 24).
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