L’ultimo intervento del legislatore in tema di caporalato è la Legge 199 del 29/10/2016
Tale norma ha modificato l’art. 603 bis del Codice Penale, prevedendo la reclusione da uno a sei anni e la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, per chiunque:
1) recluti manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;
2) utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.
Rispetto alla normativa precedente non viene punito solo il cosiddetto “caporale”, reclutatore di manodopera finalizzata all’utilizzo presso terzi, ma anche l’azienda utilizzatrice.
Lo sfruttamento non è più caratterizzato esclusivamente da violenza, minaccia o intimidazione, ma costituiscono indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni:
a) la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
b) la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie;
c) la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;
d) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.
Se i fatti sono commessi mediante violenza o minaccia, si applica la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
Costituiscono aggravante specifica e comportano l’aumento della pena da un terzo alla metà:
1) il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre;
2) il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa;
3) l’aver commesso il fatto esponendo i lavoratori sfruttati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro.
Sul tema si segnala un recente approfondimento sull’istituto della confisca obbligatoria, ai sensi del art. 602-bis.2 (fonte: Fondazione Studi). Viene evidenziato che per in attesa dell’irrevocabilità di una sentenza di condanna oppure di applicazione della pena, pronunciata per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, per evitare che il datore di lavoro disperda i beni propri e quelli dell’azienda, il giudice, già nella fase delle indagini preliminari, può disporre il sequestro preventivo.
Al fine di comprendere ancor meglio l’orientamento della legge, si riporta di seguito una sintesi delle ultime sentenze sull’argomento “caporalato”:
• Sentenza Cassazione n. 11546/2020. La sola condizione di irregolarità e lo stato di bisogno dell’immigrato non bastano per far scattare il reato di caporalato, caratterizzato invece dallo sfruttamento, dalla soggezione del lavoratore e dalla sottoposizione a condizioni degradanti senza il rispetto di norme di igiene e sicurezza.
• Sentenza Cassazione n. 49781/2019. La mera condizione di irregolarità amministrativa del cittadino extracomunitario nel territorio nazionale, accompagnata da situazione di disagio e di bisogno di accedere alla prestazione lavorativa, non può di per sé costituire elemento valevole da solo a integrare il reato (di cui all’art. 603-bis del codice penale) caratterizzato, al contrario, dallo sfruttamento del lavoratore, i cui indici di rilevazione attengono a una condizione di eclatante pregiudizio e di rilevante soggezione del lavoratore, resa manifesta da profili contrattuali retributivi o da profili normativi del rapporto di lavoro, o da violazione delle norme in materia di sicurezza e di igiene sul lavoro, o da sottoposizione a umilianti o degradanti condizioni di lavoro e di alloggio.
• Sentenza Cassazione n. 7891/2018. Il reato di caporalato è configurabile anche in assenza di un profitto, essendo sufficiente l’aver reclutato manodopera posta in condizioni di sfruttamento.
• Sentenza Cassazione n. 7891/2018. L’articolo 603-bis del codice penale, come modificato dalla legge 29 ottobre 2016 n. 199, punisce chiunque recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, sul solo presupposto dello stato di bisogno dei lavoratori e senza che sia richiesta, per l’integrazione della fattispecie, una finalità di lucro. Nella fattispecie la Corte di Cassazione aveva disatteso la tesi difensiva che contestava il fatto che il giudice, nell’emettere la misura cautelare, aveva ritenuto irrilevante stabilire se l’indagato avesse agito a fine di lucro o semplicemente per aiutare i propri connazionali.